Volare

Se per molti anni le neuroscienze si sono impegnate a studiare l’attività cerebrale di soggetti coinvolti in specifici compiti cognitivi, emotivi o comportamentali, negli ultimi dieci anni il loro interesse è ricaduto, in particolare, sull’attività cerebrale della mente a riposo. E’ così che è stata scoperta una dinamica rete cerebrale, chiamata default mode network (DMN), che, attraverso l’attivazione di varie regioni corticali e sottocorticali interagenti, è risultata sottendere i processi di riposo, di fantasia e di mind-wondering (letteralmente “girovagare della mente”), spesso evidenti nel quotidiano.

Tra i processi di default rientrano attività mentali correlate alla narrazione di sé (eventi, significati, emozioni), alla riflessione sull’altro (valutazioni sociali, moralità, stati della mente ed emozioni) e alla fluttuazione del pensiero nel tempo (tra passato e futuro). Abilità di incredibile portata, che ci rendono profondamente umani e distinti dai mammiferi con cui condividiamo gran parte del nostro patrimonio genetico.

A volte si tratta di volare lontano per qualche istante, con gioia, tristezza o preoccupazione, ma pur sempre ancorati alla realtà, altre volte si tratta di rimanere in volo per molto tempo, tanto da separarsi completamente dal proprio presente, dalla propria vita.

Nel 2010, Killingsworth and Gilbert hanno esaminato 2250 soggetti adulti, evidenziando come il girovagare della mente fosse correlato negativamente alla felicità del momento presente e arrivando alla conclusione – da cui il titolo del loro articolo – che  “una mente che girovaga è una mente infelice”.

Diverse evidenze scientifiche dimostrano, inoltre, come, al di là della presenza di disturbi di personalità o dissociativi, vi è una maggiore suscettibilità a fantasticare in maniera maladattiva quando c’è una profonda insoddisfazione per la propria vita. La natura incontrollabile di alcune fantasie, infatti, può divenire causa di malessere anche quando ci intratteniamo con pensieri positivi per molto tempo. In particolare, è stato rilevato come negli uomini e nelle donne, la frequenza del fantasticare e la vividezza del fantasticare rispettivamente, predicano una più bassa soddisfazione per la propria vita.

E’ per questo motivo che molte delle psicoterapie cognitive di terza generazione hanno puntato con forza sull’importanza dei processi di pensiero, oltre che sui contenuti cognitivi, come leva fondamentale per la risoluzione di alcuni tipi di disagio.

Stando nella metafora, a volte fantastichiamo, come mongolfiere che viaggiano a pochi metri dal terreno, espandendo la nostra visuale mano a mano che la prospettiva si fa più ampia; altre volte, come fiori di taràssaco, ci lasciamo soffiar via dal vento, dimenticandoci di osservare dove siamo arrivati e, quindi, di ritornare.

Fonti:

Kucyi A. Just a thought: How mind-wandering is represented in dynamic brain connectivity. NeuroImage (2018); 180 (B): 505-514. DOI: 10.1016/j.neuroimage.2017.07.001

Killingsworth MA, Gilbert DT. A wandering mind is an unhappy mind. Science (2010); 330: 932. DOI: 10.1126/science.1192439

Mar RA, Mason MF, Litvacka A. How daydreaming relates to life satisfaction, loneliness, and social support: The importance of gender and daydream content. Consciousness and Cognition (2012); 21( 1): 401-407. DOI: 10.1016/j.concog.2011.08.001