Mindfulness: il punto dell’Economist

Una decina di giorni fa, sul settimanale inglese The Economist è stato pubblicato l’articolo “Mindfulness is useless in a pandemic” (“La mindfulness è inutile in una pandemia”). Un titolo forse volutamente provocatorio che costituisce una fresca occasione di dibattito sulla percezione allargata delle pratiche di consapevolezza.

Come già sostenuto da altri giornalisti in passato, anche qui l’autrice recrimina, in primo luogo, la dimensione commerciale assunta dalle pratiche di consapevolezza nella nostra società, affiancando a questa – condivisibile – considerazione – forse meno condivisibili – prove di inefficacia relative alla speciale condizione di pandemia che stiamo vivendo.

Perché parlo di considerazioni meno condivisibili? Perché i contenuti riportati sembrano originare da una parziale conoscenza cattedratica della mindfulness a discapito di una sua più profonda conoscenza esperienziale. E questa non è di certo una colpa dell’autrice, quanto piuttosto la dimostrazione che quella dimensione commerciale, da lei stessa recriminata, è capace di celare ai più il vero senso della mindfulness, riducendola spesso a un puro allenamento dell’attenzione.

Ma quali sono i punti che sicuramente vale la pena approfondire?

1. Il primo è nel titolo: se cerchiamo UTILITÀ nella mindfulness rischiamo di essere già lontani dalla possibilità di comprenderne i benefici. Protesi alla ricerca di benessere potremmo perdere di vista i meccanismi sottesi al malessere, ricercando, da una pratica o poco più, risultati immediati che non arriveranno, con tutte le conseguenze negative connesse a questa disillusione. Esistono viaggi utili? Forse, o forse esistono viaggi che hanno un senso al di là della meta, per il solo fatto di essere vissuti.

2. Il secondo è nello SCOPO della mindfulness, che non è assolutamente quello di svuotare la mente, come sostenuto dall’autrice, ma piuttosto quello di insegnarci a stare con l’esperienza così com’è – anche con una mente ricca di pensieri! – senza ricercare qualcosa di diverso, osservando con piena attenzione e curiosità cosa accade. Cosa significhi poi quello “stare” richiede un’esperienza diretta che non può essere facilmente veicolata verbalmente.

3. Il terzo punto è nella FELICITÀ DELL’ANTICIPAZIONE: l’autrice sostiene, infatti, che “molti momenti di felicità risiedano (…) nella gioia dell’immaginazione del futuro, e che permettano di distrarci dal tedioso, estenuante o difficile momento presente”. Conclude, infatti, l’articolo, chiedendosi cosa ci sia di male a non essere presenti a noi stessi mentre facciamo una lavastoviglie, se nel frattempo ci immaginiamo a nuotare in un mare croato. La risposta è semplice: niente, non c’è niente di male. Ma siamo sicuri che pensarci in Croazia in un momento in cui non è possibile viaggiare ci renda davvero felici? In alcuni casi sarà così, in altri no: solo la consapevolezza potrà darci una risposta. Ed è forse il motivo per cui anche le tecniche immaginative richiedono competenze professionali idonee per essere proposte.

Il tema è sicuramente più complesso e richiederebbe una trattazione ben più lunga di un semplice articolo online. Tuttavia, senza pretesa di esaustività, possiamo semplificare sostenendo che ognuno di noi poggia il proprio benessere su due bisogni emotivi fondamentali: il bisogno di sicurezza e quello di esplorazione.

In un momento pandemico come quello che stiamo vivendo, entrambi questi bisogni, così per come solitamente li conosciamo, sono limitati dalle misure di sicurezza e dai cambiamenti (esperienze di malattia, lutto, licenziamento, riassestamento della gestione familiare…) intercorsi. Questa esperienza dolorosa può associarsi poi a una sofferenza, spesso connessa all’impossibilità di cambiare lo stato delle cose, che costituisce un dolore secondario non indifferente.

La mindfulness, intesa come stato intenzionale della mente rivolto in modo non giudicante al momento presente, non può contrapporsi all’evidenza che entrambe queste forze – sicurezza ed esplorazione – siano importanti per la nostra vita, in quanto la consapevolezza stessa è sicurezza ed esplorazione… di un luogo che abbiamo a disposizione qui vicino a noi e che abitiamo in ogni istante: il (nostro) corpo e la (nostra) mente. Con sicurezza possiamo rifugiarci in un punto di osservazione coltivato e fedele, e con esplorazione possiamo guardare con curiosità cosa accade.

Ed è in questa complessa semplicità che impariamo a vivere, non solo i sabati del villaggio, ma anche i giorni più difficili che vi succederanno. Perchè i dolori arrivano sempre, mentre la sofferenza è nelle nostre mani.

Fonti: 

Catherine Nixey. Mindfulness is useless in a pandemic. The Economist (27 Novembre 2020)

Photo credit: 青 晨⁣ on Unsplash